Domanda n. 126: “Soffrire è un premio, non un condanna” (non avere paura della sofferenza)
- lunedì, 6 marzo 2023
- Domanda:
- Cara Maria, c'è tanta sofferenza in me, come posso affrontare la malattia, il dolore, tutte le noie quotidiane, i rapporti difficili con gli altri (e anche con noi stessi), i tanti problemi da risolvere, i dubbi, le ansie e tutte le paure che ci attanagliano...Ci sono dei momenti in cui, davvero, io sento di non farcela, quello che devo sopportare mi pare troppo, mi chiedo che cosa ho fatto di male per meritarmi tutto questo, e quindi ho troppa rabbia per potere anche solo pregare....
- Risposta:
-
Sono tanti quelli che si lamentano e dicono "Signore, proprio a me doveva capitare tutto questo? Ma cosa ho fatto di male?" Queste persone non sono consapevoli del fatto che sono stati proprio loro ad avere scelto le loro prove, le situazioni in cui si trovano: le prove che incontrano nella vita non sono altro che il karma scelto.
Il peso delle disgrazie li offusca, non sanno accettarle, non riescono a farsene una ragione. Ma solo perchè non sanno di averle scelte per fare evoluzione in questa vita. Come Gesù è sceso in terra per "bere l'amaro calice poco a poco", così anche noi, tutti noi, dobbiamo bere l'amaro nostro calice un pò tutti i giorni. E' questa l'evoluzione.
Poi va detto che molta sofferenza ce la creiamo noi con la paura della sofferenza! Bisogna non averne paura, vivere la vita con leggerezza (v. domanda precedente n.125), avere più fiducia nel disegno divino, ed evitare il più possibile di avere paura, altrimenti la sofferenza diventa uno stato d'animo permanente.
E non ci si deve lamentare (“perchè proprio a me?”), se non altro perchè così facendo la sofferenza pesa di più e dura di più, allora a che serve lamentarsi? Più ti lamenti, più provi rabbia o rancore, e più soffri. Sei solo tu che ti fai questo male ulteriore. Se fai resistenza, peggiori solo la situazione, che senso ha? La situazione in cui ti trovi va dunque accettata con pazienza e umiltà.
Aiuta molto, poi, pensare che lo fai per la tua evoluzione e dedicare al Divino questa sofferenza che sopporti. Fratello Piccolo ci spiega che la sofferenza terrena va offerta a Dio (dice"Oh, mio Signore, Ti offro le mie sofferenze per l'evoluzione del mio spirito, affinchè io possa sentirTi e parlarti", riv. 4.10.89) e così piano piano il dolore terreno viene tramutato in dolore spirituale, viene accettato e diventa "gioioso", perchè offrirlo a Dio comporta gioia, dona serenità. Così, con questa accettazione, tutto si tramuta in gioia.
Sacrificare vuol dire rendere sacro. Un tempo era il rito che si faceva per rendere sacro un qualcosa come dono propiziatorio alla divinità. Oggi il sacrificio consiste nel rinunziare a qualcosa per uno scopo. Per noi, che siamo ricercatori dello spirito, significa rendere sacro il nostro gesto, donandolo a Dio. Così facendo non sentiamo più il peso del sacrificio, ma al contrario ne intuiamo la profonda bellezza, così diamo un senso alla sofferenza della vita, così accettiamo la sofferenza del nostro karma, che ci riporterà alla conoscenza dentro di noi e alla bellezza infinita della creazione intorno a noi.
Sono le tre leggi di cui ha parlato il Maestro (riv. 9.10.91): attraverso la meditazione ("il silenzio") e la sofferenza del karma ("il sacrificio") riscopriamo in noi la verità che è sempre stata dentro di noi ("la conoscenza"). E questo percorso ci porta infine a ciò che tutto racchiude, cioè che siamo immersi nell'universo, rientrati nella creazione divina, in quella che il Maestro definisce la "bellezza infinita dell'origine del proprio io".
Dio non obbliga nessuno a fare sacrifici ed a soffrire, non si deve agire per "timor di Dio", perchè Lui è amore e libertà. E' l'essere umano che sceglie di soffrire per fare evoluzione, e il sacrificio quotidiano ha lo scopo di ricondurci piano piano a casa, alla Luce. La sofferenza intesa come lontananza dalla Luce è finalizzata alla sua riconquista.
E, venendo al punto centrale, tutto è basato sul sacrificio e sulla sofferenza: è solo così che ci si riscatta e si raggiunge la conoscenza. Avere queste prove di sacrificio è un dono, perchè è come dire “Ecco sei passato alle classi!”, le ultime, le più dure, dice il Maestro, “allora io dico a voi tutti, fratelli Miei, non parlate tanto, parlate meno, e nel silenzio della vostra vita meditate, e nel sacrificio accettate la sofferenza del vostro karma che sarà rivelatore di conoscenza e di bellezza infinita” (M. 9.10.91)
Sacrificio significa dunque accettare le situazioni che ci capitano nella vita, e significa anche rinunzia. Le tentazioni sono prove da superare. La tentazione maggiore è la pazienza. Pazienza e accettazione sono evoluzione.
Ti riporto qui di seguito un brano del Maestro, con un approfondimento di Neri e con le risposte di Luigi a quattro domande su questi temi.
"La pace sia con voi. Ecco l’uomo… ecco l’uomo… l’ora si compie! Nella sua triplice azione di svolgimento della verità evolutiva, la quarta li racchiude, li completa, li esalta. La prima è la legge del silenzio. La seconda è la legge del sacrificio. La terza è la legge della conoscenza.
Nella prima legge l’essere umano deve accettare questa grande Verità nel silenzio più assoluto dell’anima sua, che diventa anche concentrazione. Silenzio e concentrazione fanno parte della vita quotidiana dell’uomo.Dopo viene la legge del sacrificio: nella vita egli deve accettarla come karma, il karma prodotto dalle stesse sue azioni, il karma che lo porta in una strada nuova; con la veste nuova, lo porta verso la grande Luce, quella Luce che lo distingue, quella Luce che lo fa essere l’uomo sapiens, l’uomo meraviglioso che il sacrificio ha forgiato e reso bello, ha reso intelligente, ha reso libero dei propri pensieri e della proprio vita.
Niente può esistere senza il sacrificio, nulla si ottiene senza il sacrificio, nulla si può avere così, semplicemente, come l’uomo che può ottenere tutto. Egli ottiene tutto solo se è pronto al sacrificio, unica meta meravigliosa, bella, che riscatta da tutto. E avviene questa metamorfosi, avviene questa grande trasformazione nell’essere umano che, purificato per avere subito il sacrificio, trova questa liberazione.
Quando ha raggiunto questo stadio, egli non si preoccupa più di cosa dovrà accadere, non si preoccupa più di cosa dovrà succedere perché egli è già a contatto con la sua stessa espressione. Pensate, a contatto con la sua stessa espressione, dove lui solo, a contatto con se stesso, vibra interiormente e acquistando conoscenza, egli scende, scende dentro di sé. Non è breve il cammino. Egli deve scendere per trovare, riaffiorate nell’intimo del proprio spirito, quella sua stessa somiglianza, quella sua stessa verità, quella sua stessa conoscenza che aveva dimenticato, ma che sapeva di possedere. E tutto gli viene rivelato così, come in un libro aperto.
E allora io dico a voi tutti, fratelli Miei, non parlate tanto, parlate meno, e nel silenzio della vostra vita meditate, e nel sacrificio accettate la sofferenza del vostro karma che sarà rivelatore di conoscenza e di bellezza infinita.” (Il Maestro 9.10.91)
“Io devo fare... con sacrificio, perché senza non ci sono meriti, è solo nella sofferenza che posso dire veramente: ‘Io ho acquistato una parte di bellezza infinita’ ... piano piano e sempre nel silenzio e facendo tanto sacrificio.... perché è proprio questo sacrificio che ha fatto Gesù sulla croce, che hanno fatto i Santi, che hanno fatto tutti gli esseri sulla terra che hanno saputo accettare la bellezza infinita di quel sacrificio che diventava amore, a poco a poco lo sentivano, e questo amore si consumava dentro di loro e questo sacrificio diventava bellezza infinita! Allora non ha più paura di se stesso. Non ha più paura di morire, non ha più paura di cosa gli dovrà succedere, perché egli è già a contatto con la Verità, e chi è a contatto con la Verità non deve temere, non può soffrire, non sente, non parla, si trasforma: egli è Vita! Una piccola fiammella di luce che brilla dentro di sé e la trova, la trasforma e insieme a lei esce felice per entrare nella creazione divina." (Neri approf.16.10.91 su 9.10.91)
“È la legge del sacrificio, perché senza sacrificio non puoi raggiungere l’unità del tuo spirito con lo Spirito dell’Assoluto. Per raggiungere questo ci è stato insegnato a soffrire ed andare avanti. Non lo vedi forse durante ogni giorno? Il sacrificio di alzarsi da letto anche se siete stanchi; il sacrificio di andare ad un lavoro anche se ne avete poca voglia; il sacrificio della vita che fate perché siete costretti a farla; il sacrificio nella famiglia, ché non trovate pace; il sacrificio delle notti che non sono perfette! Vedi allora, è tutto basato sul sacrificio, il sacrificio della croce. Non è forse tutto basato sul sacrificio e sulla sofferenza? Chi di voi non prova sacrificio e sofferenza ogni giorno? Ma solo questo ci riscatta, perché solo avendo il sacrificio possiamo aprire la conoscenza: si apre a poco a poco a chi soffre, come un qualcosa che si apre e si sviluppa da sé. E più che sviluppi e più che rientri nel tuo essere. E anche questo, non è forse sacrificio? “ (Luigi 9.10.91)
“Lui te lo chiede perché siete degni di Lui, altrimenti non lo farebbe. È un grande onore, è una grande rivelazione. È un dono avere questa prova di sacrificio, perché è come dire ‘ecco, sei passato alle classi!’ Non sono forse le ultime, le più dure da superare quando uno studia? E così, qui vi viene chiesto questo, con umiltà ed amore. Ma non ti preoccupare, il sacrificio è leggero e la protezione è tanta. L’apertura della mente è meravigliosa poiché l’albero è pronto; i frutti cominciano a svilupparsi in ogni suo ramo” (Luigi 9.10.91)
“Siete arrivati ad una nuova svolta, ma questa è la più diritta, non ha curve, non ha inciampi, né sassi né vetri. Il cammino è lieve, la speranza è grande, perché se voi saprete soffrire non sentirete il peso ai vostri piedi, non sentirete il dolore nelle vostre membra. E tutto quello che è sacrificio, sarà solo un grande, meraviglioso atto d’amore, perché anche amare è un grande sacrificio.” (Luigi 9.10.91)
“Se non ti rammarichi, lo offri a Dio. Dal momento che senti il peso e ti rammarichi, non è più un valore, è un dispiacere, perché tanto, soffrire, devi soffrire ugualmente, allora offrilo a Dio dicendo: ‘Signore Ti ringrazio di quello che Tu mi hai dato.’ Allora acquista valore.” (Luigi 9.10.91)