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Le Sculture di Completamento



Il Faraone

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Il Faraone durante la sua vita era considerato come un dio, ma egli stesso era prigioniero della sua potenza terrena.

Il dio Horus alla sua morte lo abbracciava portandolo nell'infinito spazio, proteggendolo e depositandolo nel luogo dei grandi. Così questo accadrà e sarà per ogni essere umano, abbracciato -non più da Horus- ma dalla Vibrazione divina che stretta a lui, come un grande diamante lo porterà nella sua dimora, coprendolo di vesti di luci.
Per lui non sarà ucciso il vitello più grasso, ma gli sarà donato l'Amore più grande.

(Brano tratto da uno studio del prof. Solas Boncompagni)

Il Faraone tiene con la mano destra i ben noti oggetti del potere temporale e spirituale; e vistosa fra gli artigli dell’uccello-faraone appare l’Ankh, il più antico fra i simboli crociati, ritenuti di “origine non umana”. Essa sembra voler avvertire questa “anomala” umanità (“perché non si fonda più su alcun principio di ordine superiore” e, rinnegando i grandi valori spirituali del passato, considera ormai “la religione un semplice fenomeno sociale”) che bisogna riscoprire la traccia veritiera di una perduta tradizione celeste nel simbolismo antico, oggi tanto lontano dalla nostra mentalità, giacché rifugge da qualunque verità non contingente.
Ed è proprio la riscoperta di queste verità – così evidente nella statua del Flavi – che potrà condurre l’umanità al superamento della profonda crisi in cui essa si dibatte, verso quella dimensione spirituale che è “infinitamente più ricca rispetto al mondo chiuso del nostro momento storico”. Infatti, perché l’uomo possa prendere coscienza del suo nuovo posto nell’universo, occorre rintracciare la verità archeotipica dei simboli arcaici, tramandatici nei secoli attraverso i culti, i miti e le leggende di tutti i popoli del mondo, ed oggi, come nel nostro caso, per il tramite di una medianità illuminante.
L’Ankh è un simbolo ierocosmico, come la croce in genere, un simbolo che accompagna fedelmente l’umanità in tutta la sua lunga evoluzione dalle pitture rupestri alla nostra epoca spaziale. Questo simbolo si presenta simile ad una croce ansata, la cui ansa impugnabile esprime la donazione della vita da parte degli antichi dei agli uomini, ma anche quella dell’immortalità e costituisce “un’immagine profonda della risurrezione dell’anima al suo ritorno nel mondo divino”. Ed è un’attribuzione di Iside, quale suo nodo magico, a tal punto che per lo Champdor diventa perfino il “simbolo di milioni di anni a venire” e chi ne è in possesso “sa aprire le porte del mondo dei morti e può penetrare il senso nascosto della vita eterna” .
L’ansa infine da alcuni simbolisti è comparata all’“ouroboros”, il serpe che si morde la coda, il che conferirebbe alla croce ansata il significato dell’eterna ciclicità vitale o dell’unione del mondo ctonio (sotterraneo) e terrestre con quello celeste.
Faraoni, ierofanti ed iniziati fra gli antichi Egizi, possedevano l’Ankh come chiave di segreti sacri da proteggere dai profani, come se essa fosse un amuleto od un talismano capace di rivelare la verità ultima soltanto a chi era meritevole di “rompere il velo che nasconde ai comuni mortali l’aldilà”.

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